The Shape of Water: la forma dell’amore
Una storia d’amore ambientata negli Stati Uniti durante i primi anni della Guerra Fredda. La fiaba dark di Guillermo del Toro e il riscatto dell’amore “diverso”.
Stupore, bellezza, orrore e una forte componente drammatica su cui vince l’amore tra diversi; così si può riassumere in poche parole Shape of Water, vincitore del Leone d’oro al miglior film, quattro Premi Oscar, su tredici candidature ricevute e 2 Golden Globes e 3 BAFTA.
Ambientato a Baltimora nel 1962, agli inizi della Guerra Fredda, il film racconta la storia di Elisa (Sally Hawkins), una persona semplice, impiegata come donna delle pulizie in un laboratorio del governo. Elisa è muta e conduce una vita tranquilla, fatta di rituali abitudini e poche, forti amicizie, in particolare con il vicino ed amico Giles (Richard Jenkins), omosessuale discriminato e la collega di lavoro, la chiacchierona Zelda (Octavia Spencer), che si batte per i diritti degli afroamericani.
Durante il suo abituale turno di pulizie nel laboratorio dove lavora, Elisa scopre che un gruppo di scienziati tiene prigioniera una creatura sovrannaturale. Spinta dalla solitudine, la donna instaura con questa un rapporto di amicizia.
Il film si svolge su due piani separati: quello della realtà dove il governo americano e il governo sovietico si contendono il possesso della creatura, e quello del sogno dove Elisa vive la sua storia d’amore proibita e incompresa.
Al centro di tutto vi è però una sorta di contrapposizione tra i “diversi” considerati e margini della società (gay, muti, intellettuali, donne, persone di colore), e di contro tutti quelli regolari e “normali” che sono i malvagi, il simbolo stesso della mostruosità dell’omologazione. Del Toro si schiera a favore del diverso, elogiandone le debolezze e rendendolo un punto di forza contro il bieco fattore umano.
“Volevo creare una storia, bella ed elegante, sulla speranza e la redenzione come antidoto al cinismo dei nostri tempi. Volevo che questa storia – racconta il regista – avesse la forma di una favola, con un semplice essere umano che si imbatte in qualcosa di più grande e più trascendente di ogni altra cosa nella sua vita.” Il fatto che i due protagonisti del film non parlino, quanto meno in maniera convenzionale, non fa altro che intensificare la storia d’amore spogliandola delle incomprensioni che spesso si creano tra gli esseri umani. “Una cosa dell’amore è che è così incredibilmente potente, che non richiede parole”, dice Del Toro.
Con la direzione della fotografia di Dan Laustsen, le scenografie di Paul D. Austerberry, i costumi di Luis Sequeira e le musiche di Alexandre Desplat, La forma dell’acqua è una sorta di fiaba che fonde il pathos e le emozioni del classico monster movie con un noir dalle tinte oscure e una storia d’amore fuori dal comune. A tratti ricorda qualcosa di già visto, rimandando quasi a “La Bella e la Bestia”, ma poi scava nel profondo dell’animo umano, ed incanta. La storia stupisce proprio per la sua apparente assurdità che però, alla fine, si trasforma quasi in normalità. In un mondo dominato dall’odio appare naturale che una donna sognatrice come Elisa si innamori dell’unica persona che mostra ancora dell’umanità, ma che, paradossalmente, umana non è.