Razzismo e lotta di classe: facce della stessa medaglia
Dal caso Acquarius a quello di Judith. Una deriva pericolosa per la società contemporanea.
Il motore della storia è la lotta di classi. E’ un assunto che, a volerlo analizzare nel dettaglio, sembra molto più valido oggi di quando è stato formulato. A pensarci bene il 2018 italiano volge al termine trascinando una scia di conflitti e contraddizioni. Il caso della nave Acquarius, ma anche quello più recente di Judith Romanello, gettano ombre sull’umanità dell’Italia.
Razzismo o lotta di classe? E’ la prima domanda a cui dover rispondere. Perché da una parte ci sono sempre gli ultimi: i “superstiti respinti” o gli “appestati”. Una vera e propria classe sociale a sè stante che riporta anche agli operai, quando non avevano alcun diritto. In fondo il caporalato, di cui sono vittime inconsapevoli i lavoratori immigrati e consapevoli quelli italiani, è proprio questo.
L’idea che il cittadino italiano sia razzista non è puramente da scartare. Secondo i dati Ocse l’Italia è la quarta nazione al mondo per analfabetismo funzionale: un dato che insegna quanto ignoranza e paura vivano a stretto contatto. Non a caso viviamo di pregiudizi che ci tormentano in casa nostra: il napoletano pizzaiolo e ladro, il siciliano mafioso, il milanese lavoratore stressato, etc… A queste contraddizioni si aggiunge la paura: l’uomo nero che arriva e ruba posti di lavoro (che già sono pochi, na) e stupra le nostre figlie. Gli immigrati sono visti come gli untori: portatori di peste.
Chi non crede al razzismo, alla lotta di classe dei penultimi contro gli ultimi, non può dimenticare i fatti. Le navi delle Ong sono il primo esempio: Acquarius e Diciotti su tutte. I casi hanno agitato le cronache internazionali, la chiusura dei porti è apparsa come un segnale forte da parte di Salvini: meglio morti che in casa nostra. Un segnale che, in seguito ad una campagna elettorale basata sul fronteggiare “un’invasione”, ha quasi autorizzato la popolazione ad episodi discriminatori. Lotta alle Ong, agli scafisti ed agli stessi migranti.
Scelte popolari che hanno alimentato un sentimento che ha portato al caso di Judith Romanello, la 20enne di originaria di Haiti respinta ad un colloquio di lavoro a Venezia. La ragazza, in possesso di cittadinanza italiana, è stata adottata da una coppia di Spinea (Venezia). Dal proprietario del ristorante, con cui si era accordata telefonicamente, si è sentita dire: “Ah, ma sei nera? Non voglio persone di colore nel mio ristorante. Potrebbe fare schifo ai miei clienti, potrebbe fare schifo che tu tocchi i loro piatti”. Il pezzo è stato riportato da La Repubblica, la stessa testata che ormai da mesi viene attaccata incessantemente dagli uomini di questo governo.
Eppure l’Italia dovrebbe essere alimentata da un sentimento nostalgico ripensando a quanto è accaduto nella sua storia. Lo ha parzialmente ricordato Sergio Mattarella spiegando che in cento anni, dal 1875 al 1975, sono emigrati 26 milioni di italiani in tutto il mondo. Si tratta di un numero enorme, più di un terzo della popolazione italiana corrente. Emigranti lo siamo stati, ed abbiamo subito razzismo e lotta di classe, ad oggi invece quasi ne siamo artefici.