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Primi embrioni in provetta per il rinoceronte bianco

I rinoceronti bianchi del nord sono “funzionalmente estinti”, restano in vita in Kenya solo due femmine incapaci di riprodursi. A Cremona lo scienziato italiano Cesare Galli ha ottenuto alcuni embrioni con la fecondazione artificiale, ultima speranza per scongiurare l’estinzione.

Il rinoceronte bianco settentrionale è il mammifero più a rischio di estinzione al mondo. L’ultimo maschio, Sudan, è morto a marzo, sono rimaste solo due femmine, la specie è già estinta, dato che non c’è più al mondo un maschio che possa continuare la discendenza.

Per preservare il materiale genetico di questa specie, e tentare di salvarla dalla scomparsa definitiva, un gruppo internazionale di ricercatori ha pensato di fare ricorso alla tecniche di riproduzione assistita. Per la prima volta, adattando metodi usati per la fecondazione assistita dei cavalli, sono stati creati in provetta embrioni di rinoceronte. A dare l’annuncio, sulla rivista Science Communications, è un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Cesare Galli, divenuto famoso per aver clonato, nel 1999, il primo toro, Galileo. Insieme ai suoi collaboratori di Avantea, il laboratorio cremonese specializzato nella riproduzione assistita di animali di grossa taglia, Galli ha fatto maturare 30 ovociti prelevati in vari zoo europei da femmine di rinoceronte bianco meridionale, di cui esistono più di 21.000 esemplari al mondo. «Abbiamo sviluppato le procedure per far maturare gli ovociti, fecondarli e farli crescere», conferma Galli, «e per la prima volta siamo riusciti a ottenere embrioni di rinoceronte in vitro, come facciamo di routine per bovini e cavalli.»Degli ovociti prelevati, 17 ovociti sono stati fecondati con il seme della stessa sottospecie, mentre gli altri 13 sono stati fecondati con gli spermatozoi congelati di esemplari deceduti di rinoceronte bianco settentrionale, sottospecie ‘sorella’ ma di fatto quasi estinta. La tecnica di fecondazione usata consiste nell’iniettare gli spermatozoi direttamente nella cellula uovo, simile a quella impiegata nell’uomo, è stata prima modificata per l’uso nei cavalli e poi riadattata alle esigenze dei rinoceronti. Sono stati così ottenuti 7 embrioni di rinoceronte, bloccati a 12 giorni di sviluppo: alcuni sono stati congelati in attesa del trapianto nell’utero di madri surrogate, mentre altri sono stati usati per ottenere cellule staminali embrionali.  Ma si pensa anche a provare a prelevare gli ovociti dalle ultime due femmine in Kenya e, con la stessa tecnica, fecondarli con lo sperma dei rinoceronti scomparsi per creare embrioni che, in questo caso, sarebbero della stessa specie per parte materna e paterna.

Questi primi progressi, che verranno presentati questa mattina,  5 luglio  in una conferenza stampa al giardino zoologico Tierpark di Berlino, dimostrano che la riproduzione artificiale “è un’opzione scientificamente valida, una strada percorribile non solo per gli animali di allevamento, ma anche per specie selvatiche a rischio di estinzione”, spiega Galli . “Ora attendiamo il via libera delle autorità del Kenya per raccogliere ovociti dalle ultime due femmine di rinoceronte bianco settentrionale e produrre embrioni puri, tecnicamente potremmo avere i primi cuccioli già nell’arco di 5 anni”.

Quanto basta per riaccendere la speranza per i rinoceronti bianchi del nord, che sono considerati i mammiferi più minacciati sulla Terra. Negli anni Sessanta i rinoceronti bianchi settentrionali erano ancora circa duemila. Poi, tra bracconaggio, guerre e progressiva perdita degli habitat, si è arrivati alla situazione di oggi.

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