Ponte Morandi, un mese dopo: 43 morti, 21 indagati, 559 sfollati
Alle 11.36 di stamattina Genova si è fermata. Un minuto di silenzio straziante interrotto solo dal pianto dei genovesi a ricordare il giorno in cui il ponte Morandi sparì letteralmente dall’orizzonte, portando con sé 43 persone. Lo sguardo rivolto verso l’alto. Una realtà che ancora si fatica ad accettare. 43 rintocchi delle campane per commemorare chi non c’è più. Alle 11,36, con il cielo lacerato dalle sirene delle navi, Genova si è fermata. Sotto il moncone del viadotto rimasto ci sono le autorità: il governatore Toti, il sindaco Bucci, il prefetto Fiamma Spena, il vicario mons. Anselmi, il sottosegretario Rixi e il presidente del consiglio Regionale Alessandro Piana, insieme con i parenti delle vittime e alcuni sfollati. Intanto in piazza De Ferrari, i figli delle vittime insieme a decine di giovanissimi atleti genovesi, danno vita a un girotondo. Oggi pomeriggio alle 18 arriverà anche il premier Conte a parlare con gli sfollati.
“Noi chiediamo solo la verità” ripete oggi Giuseppe, padre di Luigi Matti Altadonna, una delle vittime.
Oggi è anche il giorno degli interrogatori davanti ai pm per i primi 4 indagati. Ieri dal Cdm via libera “salvo intese” al decreto urgenze su Genova. Il decreto infatti sembra una risposta molto debole del governo alla sua prima vera emergenza.
“Ricostruire è un dovere“. Così Mattarella in un intervento alla Stampa e al Secolo XIX. “Ritrovare la normalità, una speranza che va resa concreta. Bisogna farlo in tempi rapidi, con assoluta trasparenza, con il massimo di competenza. Con unità di intenti e visione lungimirante. Partendo dal ricordo delle vittime, dai bisogni primari di quei cittadini che hanno perso tutto. E accompagnando via via la ripartenza con provvedimenti che sostengano l’impegno dei cittadini, delle imprese, del mondo del commercio e dell’economia”.