Paupaulò Al Tram di Portalba: la ricerca di una luce di speranza in una società vacua
Pasquale Palma, volto noto di Made in Sud, ha portato al teatro Tram di Portalba il suo spettacolo Paupauló, inaugurando così il 2023. Con lui, che lo scrive e lo interpreta, sulla scena c’è anche Vincenzo Salzano.
Vi ricordiamo, inoltre, che lo spettacolo La Signorina Giulia originariamente in programma dal 26 al 29 gennaio è stato rinviato a maggio e sarà in scena dall’11 al 14. Lo spettacolo è di August Strindberg con Germana Di Marino e Guido Di Geronimo. L’adattamento e la regia sono di Angela Rosa D’Auria, mentre la produzione è del Teatro dell’Osso / TRAM.
Paupauló è un totem: attorno a lui ruotano le istanze di soggetti spersonalizzati e privi di identità, indicati genericamente come Uno e Due.
Quella di Pasquale Palma è la rappresentazione di una società vacua, priva di un vero dialogo tra gli esseri umani, dove le parole autentiche vengono sostituite da un loop di post ospitati sulle piattaforme social. Da un costante rumore di sottofondo, saturato da una sovrabbondanza di informazioni di superficie. Questa è l’epoca della consacrazione delle bufale, delle fake news.
Il Paupaulò potrebbe essere tutto e niente. Potrebbe essere salvezza o definitiva condanna. Potrebbe essere speranza cui aggrapparsi per riemergere dall’oblio o strumento di dipendenza mediatica senza ritorno.
Pasquale Palma sta ancora riflettendo sul reale significato del suo spettacolo. Un significato che non è e non potrebbe essere univoco come non è unica la mente di chi vi assiste e di chi ne interpreta le contraddizioni.
La chiusa della sua intervista, cui vi lasciamo, è all’insegna del sorriso, ma la sua arguta ironia ci fa riflettere su un aspetto importante: non bisogna creare subito nuovi prodotti, in maniera compulsiva. L’atto creativo non configura una produzione in serie, una catena di montaggio. Occorre il tempo giusto per pensare e ripensarsi, per metabolizzare e “digerire” idee, concetti, impressioni, sensazioni, pensieri, emozioni, le altrui e le proprie.
E, ancor di più, al lavoro, per quanto creativo e importante, è giusto alternare del tempo dedicato a sé stessi, a momenti di svago e di gioco, che sia il calcetto di Pasquale o altre legittime passioni ed evasioni. Adesso lasciamo la parola, o per meglio dire la scrittura, a Pasquale Palma.
L’INTERVISTA
D. I protagonisti vivono immersi in un tempo indefinito, che potrebbe essere un passato o un futuro distopici. Non hanno identità ma sono contraddistinti da un numero. Come questa proiezione ci parla della società attuale?
R. Questo spettacolo credo sia una visione, un’immaginazione distopica di una realtà parallela. Ovviamente dentro questo mondo così apparentemente lontano si nasconde più attualità di quella che si può leggere in superficie. Da autore e regista ho voluto sottolineare la fatica della comunicabilità, la non apertura all’altro, il chiodo fisso delle mode e dei target che ci possono fare impazzire. Tutto questo può essere asettico. Ma tanto reale.
D. Un totem che tira fuori tutti i conflitti interiori e i nodi irrisolti. Nonché gli snodi di vita. Ma anche una guida e una possibile scialuppa di salvataggio. Quali pezzi, incastri e valori o disvalori contiene?
R. Il Paupauló è tutto. Può essere tutto. Tutto ciò che allo spettatore arriva in quel momento. Può contenere tutte le gioie e i drammi del mondo. C’è chi ci ha visto la vita, chi l’amore, chi ha visto nel totem un parente che non c’è più. Io ci vedo delle cose. Vincenzo Salzano ne vede altre. Quale può essere la risposta giusta? Io l’ho scritto. Quindi non lo so.
D. Senza identità e immersi in un’atmosfera alienata e alienante. I due protagonisti trovano o possono trovare la strada di un vero dialogo salvifico?
R. Potrebbero trovarla, ma sono troppo impegnati a galleggiare nel mare nel Nulla per cogliere la luce. Un nulla ridicolo. Che fa ridere per quanto è drammatico. Lo spettacolo per me è un grido d’aiuto. Anche la scelta del linguaggio, un italo-napo-inglese, può sottolineare la bulimia di cose che mettiamo nel nostro esistere, quando poi basterebbe meno. Molto meno.
D. Il finale ha in sé una qualche soluzione o rimane aperto e inquietantemente indefinito?
R. Nel finale c’è un’ apocalisse dell’anima seguita da una luce. Piccola. In fondo a un tunnel. Occhi aperti. Tutti potremmo, prima o poi, scorgerla.
D. I prossimi impegni e appuntamenti?
R. Capire lo spettacolo che ho scritto. Poi giovedì ho calcetto.
Ph. Federica Pone