Nel Sannio, fra le janare e i segreti del liquore dorato
Un itinerario ispirato dai profumi. Quelli delle castagne, dei funghi porcini e dei caciocavalli “impiccati”. Un viaggio nella natura attraverso campi di grano e boschi di cerro, alla scoperta di borghi che conservano intatti i tratti medioevali delle loro origini.
Perché è proprio l’autunno la stagione in cui il Sannio risplende nei suoi colori più smaglianti: del resto la parola autunno deriva dal latino augere, cioè arricchire, niente a che vedere, dunque, con l’interpretazione che vuole l’autunno inteso come stagione che si prepara al tramonto, all’arrivo dell’inverno, al contrario, è sinonimo di stagione ricca di frutti che la natura offre.
E allora, intraprendiamo l’affascinante viaggio attraverso l’Alta Valle del Tammaro, alla scoperta delle specialità enogastronomiche e degli antichi borghi, tra insediamenti sanniti e romani, aree di grande pregio naturalistico, luoghi di culto e antiche botteghe artigiane.
L’itinerario si snoda attraverso i comuni di Campolattaro, Castelpagano, Colle Sannita, Fragneto Monforte, Morcone, e Santa Croce del Sannio: l’intera area viene considerata una naturale porta d’accesso al parco regionale del Matese, dal paesaggio caratterizzato dalle basse montagne, dai numerosi campi di grano e tabacco, e soprattutto dal fiammegiante “foliage” che colora i suoi boschi.
Terra di streghe, janare nel dialetto sannita, protagoniste dei racconti della tradizione agreste e contadina, che, secondo le credenze popolari dell’Italia meridionale e in particolare dell’area di Benevento, usavano riunirsi sotto un immenso noce lungo le sponde del fiume Sabato. Invocate da una cantilena, tenevano i loro sabba in cui veneravano il demonio sotto forma di cane o caprone. Il loro nome sembra derivi da Dianara, ossia “sacerdotessa di Diana”, dea romana della Luna, oppure dal latino ianua, “porta”. Era proprio dinanzi alla porta che, secondo la tradizione, era necessario collocare una scopa, oppure un sacchetto con grani di sale: la strega, costretta a contare i fili della scopa, o i grani di sale, avrebbe indugiato fino al sorgere del sole, la cui luce era mortale.
Il viaggio, fra il sacro e il profano, offre l’occasione di acquistare prodotti storici e tipici del territorio sannita: dalla farina molita a pietra di grano antico, con cui vengono prodotti pane e ai biscotti con lievito-madre, ai salumi di maialino nero casertano, fino alle conserve, alle birre artigianali, all’olio extravergine di oliva, al miele, ai legumi tipici del Sannio introvabili nella grande distribuzione. E ancora, i formaggi caprini e ovini del Taburno, i formaggi tipici dell’alto Sannio, frutta e ortaggi di stagione della zona di Apice, i tartufi delle colline Beneventane, i succhi di melagrana, i Topinambur e le lumache dell’alto Sannio.
Nella città delle streghe, poi, non poteva mancare la “zuppa delle streghe”, preparata con ortaggi di stagione, crostini di pane e noci.
E come dessert, il torrone, tipico di queste zone, al gusto unico dello “Strega”, il liquore alle erbe dal caratteristico color giallo paglierino, simbolo della città.
La ricetta per la produzione del liquore Strega, tradizionale emblema di Benevento, prodotto dal 1860, è segreta. È nota solo a poche persone addette a preparare le dosi dei vari ingredienti, che vengono numerati e riposti in apposite cassette di legno: gli operai che preparano materialmente la miscela delle circa 70 erbe, conoscono soltanto i quantitativi degli ingredienti numerati, ma non la natura. Si dice che fra esse ci siano la menta e il finocchio, mentre il suo caratteristico colore giallo sarebbe dovuto allo zafferano.