Moby Dick – l’incantatrice da Melville di e con Rosalba Di Girolamo
Moby Dick – l’incantatrice , in scena nella rassegna Brividi d’estate organizzata da Il pozzo e il pendolo, è un libero adattamento del romanzo Moby Dick di Hermann Melville, ribattezzato per la sua capacità di far emergere dall’animo: paure, desideri e ossessioni.
A dare le sembianze a tutti i personaggi è stata Rosalba Di Girolamo, accompagnata e sostenuta dalle note della fisarmonica di Rocco Zaccagnino.
Un connubio davvero armonioso, a rappresentare attraverso il dialogo tra queste due sole voci e attraverso due linguaggi differenti, un dramma corale, che prende le mosse da una storia vera di estrema disperazione e genera inesorabilmente estreme conseguenze.
Colpisce la capacità di Rosalba – in uno spazio relativamente ristretto, come quello di un piccolo palco – di far percepire e immaginare tutta l’immensità del mare con le sue insidie, ma anche con la sua bellezza, e la sua sacralità.
Lei, vestita di nero con un soprabito bianco, attorniata da pochissimi ed essenziali oggetti di scena, quasi assenti, riesce a far vivere oltre un’ora di una storia intensa e immersiva.
In Moby Dick – l’incantatrice Rosalba, passa fluidamente da un leggio all’altro: altrettanti punti strategici e cardinali.
Un commento musicale molto intenso si alterna alla riproduzione dello stridio dei gabbiani e al ruggire del mare, mentre una sola donna riesce a interpretare magistralmente, in maniera coinvolgente ed efficace, un dramma corale dai ritmi serrati.
Non si limita a una lettura narrata ben intonata, lei entra nella pelle dei vari personaggi, nelle loro peculiarità emotive e caratteriali.
Ci narra, palesemente e in controluce, i loro sogni, le loro aspettative, le loro paure, le loro ossessioni, e riesce a darci la misura del loro modo di essere e di evolvere.
Non cambia solo voce e inflessione: plasma sullo specifico personaggio il suo modo di muoversi nello spazio e la sua modalità di essere e proiettarsi nel mondo.
Si muove sul palco con vigore, dimostrando un’indomita energia che, a tratti sorprende in un corpo così esile.
Riesce a rendere perfettamente il dramma generato dall’ossessione del capitano Achab verso Moby Dick, che lo porta a immolare il suo intero equipaggio. Conduce tutti alla distruzione, oltre che sacrificare sè stesso.
Ci fa percepire tutta la disperazione di coloro che tentano, a turno e invano, di fargli cambiare idea. Di fargli imboccare una strada salvifica e non di morte e della vendetta.
Alla fine riesce anche a trasmetterci la sacralità della figura di Moby Dick, l’elemento divino imperscrutabile e non perfettamente conoscibile, perché celato e in qualche modo trascendente.