La notte dei Falò a Nusco: 4 secoli di tradizioni
Con la Notte dei Falò, durante la festa di Sant’Antonio Abate, nel weekend del 17 gennaio, il cuore antico di Nusco si trasforma in un grande laboratorio enogastronomico, artigianale e musicale.
Si tratta di una delle feste più antiche dell’Irpinia, un rito che si ripete da oltre quattro secoli, e che unisce credenze sacre e aspetti profani di origini medievali, rinnovando tradizioni ancestrali e fede atavica.
La storia narra che nel 1656, con l’avvento della peste, nella sola Nusco si contarono 1200 vittime. In quella occasione, per la prima volta, furono accesi i falò come mezzo di purificazione corporale e spirituale, intesi come uniche procedure di salvezza.
I falò furono dedicati a Sant’Antonio Abate perché questi sapeva curare le infezioni con il grasso di maiale, ed era considerato anche il padrone del fuoco: da sempre, infatti, il santo è stato raffigurato con accanto un maialino e spesso con piccoli fuochi ai piedi o sullo sfondo. Egli era ritenuto protettore degli animali e della comunità contadina, per la quale i maiali, le mucche e gli animali da cortile rappresentavano una risorsa fondamentale nella lotta per la sopravvivenza.
Esattamente il 17 gennaio, in tutto il Regno di Napoli, veniva distribuito alla popolazione il ‘Pane di Sant’Antonio’, un pane ‘magico’, preparato con grasso di maiale, protettivo e soprattutto benedetto per la cura di tutti i mali, in particolare dell’infezione dell’Herpes Zoster o comunemente chiamato, Fuoco di Sant’Antonio.
La Notte dei Falò inaugura le manifestazioni carnevalesche in Irpinia: gruppi di commedianti e di ballerini con costumi coloratissimi sfilano per il Centro storico spostandosi da un falò all’altro. Accanto ai personaggi della tipica Zeza, rivivono per le vie di Nusco “la Riavulata”, maschere di rosso vestite e di ispirazione infernale che agitano lunghi campanacci, insieme alle rappresentazioni degli antichi mestieri, “lu Castagnaru”, “lu Scarparu”, “lu Lattaru”, “lu Fravucaturu” e “la Lavannara”.
I visitatori, in arrivo da tutto il sud Italia, vengono catapultati attraverso il folklore e gli antichi usi popolari, grazie alle performance di artisti di strada e spettacoli musicali che trasformano i vicoli del paese in un grande palcoscenico all’aperto.
E non mancano, ovviamente, stand di degustazione dei prodotti tipici irpini: castagne, nocciole, olio, tartufi, salumi e formaggi, ma soprattutto vini. A cominciare dai rinomati Taurasi, Greco di tufo e Fiano di Avellino, fra i più importanti DOCG della Campania, che da tempo hanno varcato i confini nazionali, esportando nel mondo i sapori e i profumi della provincia irpina.
Per poi passare alla castagna di Montella, che può fregiarsi del riconoscimento IGP, all’olio extra vergine di oliva delle Colline dell’Ufita, prodotto nella zona di Ariano Irpino, dal caratteristico sapore fruttato con note di pomodoro. Particolarmente saporiti e ricercati sono anche gli insaccati prodotti in provincia di Avellino: dalla soppressata, ottenuta seguendo ancora le antiche ricette contadine, al salame di Mugnano del Cardinale.
Di notevole pregio è infine la produzione di formaggi: il pecorino bagnolese e il caciocavallo di Carmasciano fra tutti, da gustare accompagnati da una fetta di pane di Montecalvo Irpino, dove la panificazione è ancora un’arte. Un discorso a parte merita poi il tartufo nero di Bagnoli Irpino, prezioso tubero dal profumo intenso, che contende ai tartufi umbri la palma del miglior gusto.