di Sonia Sodano
Arriva al Bellini di Napoli di scena sino al 24 aprile “Carmen” di Enzo Moscato, adattamento e regia di Mario Martone e direzione musicale di Mario Tronco, con Iaia Forte, Roberto De Francesco e l’Orchestra di Piazza Vittorio.
L’ incontro tra femminilità e napoletaneità, si snoda davanti agli occhi del pubblico del teatro Bellini di Napoli. Qui la “Carmen” di Enzo Moscato nelle mani di Mario Martone è una sciantosa della nostra terra. “ Libera anche se è l’ultima ruota marcia di questo mondo”. Verace e sanguigna, ribelle e sfrontata, ma di una bellezza sopra le righe e di un fascino pericoloso. Nell’allestimento di scena sino al 24 aprile, il personaggio di Mèrimèe e Bizet, si muove a tempo di versi e note. Tra rime baciate, scherzi dialettici e tradizione partenopea. È però, la musica a fare da collante tra i diversi momenti della vita di Carmèn. Fondamentale la presenza della multietnica Orchestra di Piazza Vittorio, diretta da Mario Tronco, che suonando rigorosamente dal vivo, rende lo spettacolo magico ed appassionante. I suoi musicisti, a tratti divengono interpreti, in una vicenda tutta in movimento. Si sale e si scende dal palco con naturalezza, si cambiano le scene in un battito di ciglia. La storia è così, veloce come la vita stessa, senza attimi di noia o stanchezza. Nulla si ferma. Le scene di Sergio Tramonti sono spettacolari. Le quinte sono parte stessa del palcoscenico e le controporte si trasformano a vista per seguire la storia e meglio caratterizzarla nella riproduzione degli ambienti in cui si svolge.
Ma la pièce inizia ancora prima di alzare il “sipario”. Appena si entra in sala, ad accompagnare lo spettatore sulla poltrona rossa, ci pensa lo sciabordio delle onde del mare. Un rumore tranquillo e allo stesso tempo irrequieto, che rispecchia perfettamente il mood della drammaturgia e proietta verso l’aria marina della bella Partenope, Napoli, come una dea è al centro di tutto lo spettacolo con borghi, viuzze e quartieri.
Superata l’onda marina del fondale in proscenio, incontriamo la “zingarella”, un po’ filosofa, che alla fine diviene madama dei bordelli. Carmèn fa scena di sé, interpretata dalla bravissima Iaia Forte, attrice dal duttile talento a suo completo agio nei panni della “guappa e tosta regina dei quartieri spagnoli”. Femmina puro sangue, che si lascia governare dalle pulsioni passionali di un cuore giovane. Donna che vive di zuffe impudiche e si veste da mantide furiosa. Una dark lady degli emarginati, che ancheggia, balla, canta, prorompe e irrompe. La protagonista è una popolana che ricorda irrimediabilmente, i modelli del teatro musicale popolare che vanno da Raffaele Viviani alla sceneggiata. Moscato colloca la sua “eroina” in un testo che si muove su due piani, quello del racconto al presente e quello passato dell’azione rievocata. Tra un misto di tragedia greca e amor cortese, dove la donna è elogiata e venerata dai suoi uomini come una dea.
Ha tanti ammiratori, Carmèn, ma dona il suo cuore solo a pochi tra questi Cosé (Roberto De Francesco ), un giovane soldatino del nord in servizio nella bella Napoli e lo sciupafemmine ‘O torero, un cantante napoletano da quattro soldi. Il primo pazzo di gelosia, semina morti su morti, togliendo la vita ad ogni rivale in amore, che solo osa minacciare di striscio la relazione con la sua amata. La zingarella, si trova così schiacciata dalla passione ostinata di Cosè, sedotto da una Napoli barbara che non tollerandone la stupidità dell’innamoramento, lo sospinge nel baratro di follia e perdizione.
Si tratta così di una Carmen totalmente partenopea che va al di là dell’opera di Bizet si concentra molto più radicalmente su sulla novella di Merimée. Quella di Mario Martone si discosta anche da quello di Peter Brook, che anni addietro con l’aiuto di Jean Claude Carrière, aveva ripreso l’opera di Bizet riducendola all’osso, conservandone per lo più la musica. Qui si parte dall’adattamento di Moscato uno dei maggiori drammaturghi della Napoli di oggi, intitolato La Carmen, dove tra le figurine popolari, ci sono solo due protagonisti: Carmen e Cosé. Tra le altre voci che impreziosiscono la storia invece c’è il taverniere Lilà Bastià e ‘O Torero.
Ma la vera novità dell’opera napoletana, che la fa discostare nettamente dalla novella originale è il finale.
Cosè infatti, non uccide Carmèn, ma la rende solo cieca, lacerandole con la lama del coltello i suoi begli occhi azzurri. “Che vi devo dire? I’ nun sò morta. Musica maestro”
di Enzo Moscato
adattamento e regia Mario Martone
direzione musicale Mario Tronco
con
Iaia Forte
Roberto De Francesco
e con
Ernesto Mahieux, Giovanni Ludeno, Anna Redi, Francesco Di Leva,
Houcine Ataa, Raul Scebba, Viviana Cangiano, Kyung Mi Lee
arrangiamento musicale Mario Tronco e Leandro Piccioni
musiche ispirate alla Carmen di Georges Bizet
esecuzione dal vivo
Orchestra di Piazza Vittorio
(in ordine alfabetico):Emanuele Bultrini, Peppe D’Argenzio, Mattia Di Francesco, Kyung Mi Lee,
Omar Lopez, Pino Pecorelli, Andrea Pesce,Pap Yeri Samb,
Raul Scebba, Marian Serban, Ion Stanescu
scene Sergio Tramonti
costumi Ursula Patzak
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper
coreografie Anna Redi
aiuto regia Raffaele Di Florio
assistente scenografaSandra Müller
produzione
Teatro Stabile di Torino
Teatro Nazionale