Juliano: “Sala Ichos è un luogo che ama essere abitato”
Sala Ichos compie vent’anni. Punto di riferimento della periferia di Napoli – la sala è sita a via Principe di Sannicandro 32/A, San Giovanni a Teduccio – Sala Ichos ospiterà per i prossimi mesi artisti di fama nazionale e internazionale.
Si inizia questo weekend, con La Confraternita del Chianti, a cavallo fra novembre e Dicembre toccherà alla Piccola Compagnia Magnolia, poi ancora il Teatro delle Bambole, Libera Scena Ensemble, Compagnia Ragli e molti altri gruppi.
Cultura a Colori ha intervistato Pietro Juliano, noto regista e parte integrante della Sala, che ai nostri microfoni ha raccontato gli inizi della sua carriera e ciò che intende trasmettere la Sala a chi la frequenta.
Come e quando è nata la sua carriera?
“Tutto è iniziato nel 1997, ho conosciuto il teatro di tradizione popolare e mi sono avvicinato con una compagnia della provincia. Ho fatto il mio primo spettacolo basato su una pochade francese poi mi sono impegnato come autodidatta perché non ho mai creduto nell’accademia, il teatro non si insegna. Ho avuto un approccio personale alle figure e ai movimenti teatrali, sono andato dal teatro più vicino a noi a quello indietro nel tempo, come la tragedia greca. Mi sono spostato moltissimo, ho lavorato con Proietti, ho girato molto sul territorio nazionale”.
A chi si ispira come regista?
“Non ho avuto punti di riferimento veri e propri con il quale potevo o posso identificare una mia idea di lavoro e teatro. Mi piace pensare, piuttosto, che tutto può essere indispensabile per la propria identità, secondo me bisogna dare uno sguardo a tutte le culture, in ognuno di noi c’è un po’ di tutto, siamo un po’ borghesi e un po’ proletari, orientali e occidentali, non dobbiamo tralasciare nulla. Ci sono molti registi storici e attuali, ma non mi so mai ispirato a qualcun in particolare, mi ha impressionato James Joyce in tutta la sua letteratura, lui penso sia stato straordinario”.
Sala Ichos compie 20 anni. Cosa ha in serbo per i suoi ospiti?
“Bisogna dire, innanzitutto, che Sala Ichos è una realtà che nasce da una costola di un gruppo di strada che si chiamavano Zoe, nel ‘99. Dirige sapientemente il tutto Salvatore Mattiello, e quest’anno ricorre il ventennale. Sala Ichos è un luogo che vuole essere abitato non si limita all’ospitata o alla mero riempimento del teatro, cerca in maniera ossessiva la volontà degli altri di abitarci. Abbiamo ospitato molte compagnie che poi si sono rivelati artisti di fama nazionale e internazionale, come Mimmo Borrelli. Quest’anno abbiamo la Confraternita del Chianti che porterà due dei cinque capitoli del Pentateuco e che – secondo me – hanno un importate futuro davanti a loro. Cerchiamo di farci apprezzare per questo, il teatro non è un bisogno di rappresentare ma un bisogno di trovare la nostra identità attraverso la diversità degli altri, senza essere per forza una fonte di ispirazione, essere – per esempio – la città che viviamo non il cittadino che siamo”.
Quali sono i suoi prossimi appuntamenti?
“Nell’immediato c’è il mio primo lavoro cinematografico, un cortometraggio su cui sto lavorando il cui titolo sarà Alfio. E’ un corto che spero di completare nell’anno prossimo, è il mio primo lavoro con camera e spero poi di continua in questo senso. Per quanto concerne il teatro, con Sala Ichos curo un laboratorio ‘Ichos lab’ dove pongo al centro dei laboratorio non l’insegnamento teatrale, ma la mia esperienza agli altri, una esperienza venuta fuori in questi anni. Non insegno, metto al centro di tutto il mero apprendimento e partiremo a dicembre. Poi c’è dell’altro in programma, qualcosina che riguarda anche Netflix ma il resto lo scopriremo più avanti”.