Il casatiello napoletano dello chef Marco Iavazzo
Manca poco alla Pasqua e, come vuole la tradizione, casatielli, pastiere e tortani imbandiranno le tavole dei napoletani. Tra questi piatti, sicuramente il casatiello è il piatto più importante da un punto di vista simbolico in quanto festeggia la resurrezione di Cristo. Infatti, la sua forma rotonda è un richiamo alla ciclicità insita nella resurrezione pasquale.
Il termine “casatiello” deriva da “caseus” (cacio) che nella lingua napoletana significa formaggio, e rievoca la cospicua quantità che se ne trova al suo interno. Le sue origini sono antiche, risalgono alla Napoli prima greca e poi romana. Nella letteratura greca, infatti, già si legge di pani conditi con diversi ingredienti. Inizialmente servito dai romani durante le feste primaverili in onore di Demetra o Cerere, diventa, poi, simbolo della Pasqua cattolica come richiamo della corona di spine di Cristo. Col tempo questo piatto si è legato sempre di più alla Pasqua con l’introduzione delle uova come decorazione, simbolo pasquale per eccellenza.
Il casatiello si ottiene dalla pasta del pane, ottenuta con la farina, l’acqua e il “criscito” (il lievito madre). Ha la forma di una grande ciambella, e viene farcito con salumi, formaggi e strutto. Come tanti piatti tipici partenopei, anche esso è il frutto del tentativo di riciclo di ingredienti non utilizzati: le massaie lo farcivano con i rimasugli commestibili che avanzavano dalle provviste invernali e dalle preparazioni ottenute dal maiale. Oltre agli ingredienti già elencati, il casatiello contiene un ingrediente “fondamentale” che rende il suo sapore ancora più intenso: la sugna, e cioè Il grasso del maiale.
Lo chef napoletano Marco Iavazzo da un po’ di anni a questa parte prepara per i suoi ospiti un golosissimo casatiello, che – a causa della chiusura dei ristoranti per il contrasto al Covid-19 – da due anni a questa parte consegna fino a casa di tutti coloro che amano questo goloso rustico. Lo chef, la cui giovane età è indirettamente proporzionale alle numerose esperienze avute, tutte tra l’altro importanti (da menzionare, ad esempio, quelle con gli stellati Andrea Ribaldone, Matteo Baronetto, Nino Di Costanzo, Pierfranco Ferrara e Paolo Barrale), ha personalizzato la ricetta del casatiello in relazione alla sua esperienza in materia di impasti. L’impasto da lui preparato (un blend di tre farine: Petra9, Molino Rossetto e Molino sul Clitunno) è frutto di un’autolisi lunga 6 ore, di una fermentazione della biga fino a 12 ore, di una maturazione e massa pari a 26 ore, e subisce una lievitazione lunga 9 ore durante la quale viene piegato e farcito con salumi e formaggi rigorosamente campani e sugna. Ne consegue un prodotto goloso, come vuole la tradizione, ma allo stesso tempo sfogliato e leggero.