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Fra castagneti e noccioleti, i tesori dei boschi campani

Irpinia terra dell’acqua. Sono infatti i territori di Montella e Cassano Irpino, insieme a quelli dell’Alta Valle del Sele, a rappresentare una delle maggiori riserve d’acqua in Europa.

Lo straordinario complesso sorgentizio dei monti Picentini, infatti, alimenta acquedotti e disseta province e regioni del Sud Italia. Dalla catena montuosa nascono corsi d’acqua come il Calore e il Sele, ma anche l’Ofanto, il fiume più importante che attraversa la Puglia, ha la sua origine in Irpinia e non lontano dai Picentini. Meraviglie della natura e opera ingegneristica dell’uomo sono inoltre le sorgenti di Cassano e Caposele e la diga di Conza della Campania, attrazioni da non perdere.

Nel territorio di Montella sono presenti ben quattro cascate: la cascata della Tufara, la cascata della Madonnella; la cascata del Fascio, costruita in epoca fascista per convogliare le acque nell’acquedotto di Montella; la cascata della Lavandaia, già presente al tempo della realizzazione dell’omonimo ponte (I secolo a.C.), sottoposta a lavori di rifacimento nel XV secolo per alimentare il mulino voluto dai cittadini che, attivo fino agli anni cinquanta del XX secolo, è oggi allo stato di rudere.

A Montella la storia e lo sviluppo del borgo e della castagna hanno da sempre camminato di pari passo. Secondo molti l’importazione del castagno dall’Asia Minore risalirebbe al VI-V secolo a.C., e quindi anche la sua coltivazione e la consumazione del frutto. Già dal 571, con i Longobardi, si intuì l’importanza della coltura e fu così emanata la prima legge per la tutela del frutto, evidentemente già all’epoca ritenuta una preziosa risorsa.

Anche il Giustiniani nel Settecento scrisse: “…a Montella vi si respira buon’aria e si raccolgono in abbondanza castagne, noci e nocelle…”. Le favorevoli condizioni pedoclimatiche hanno poi agevolato la diffusione della pianta in diverse aree della provincia di Avellino, con varietà locali differenziate per tipologia e utilizzo. Il prodotto più rinomato va sotto la denominazione di Castagna di Montella, riconosciuta con marchio DOC nel 1987 – primo caso in Italia di prodotto ortofrutticolo – e IGP nel 1997.

Protagonista della tavola montellese, dal sapore particolarmente dolce, è ideale per la preparazione del castagnaccio dolce, delle polpettine di castagna al cacao, e della marronata.  Una variante tipica e gustosa è la castagna del prete, così denominata perché assume il colore del saio del frate: in locali detti “gratali”, le castagne fresche, ancora con il guscio, vengono disposte su graticci di legno, al di sotto dei quali si accendono i fuochi alimentati da legna di castagno. Il fuoco deve essere lasciato acceso per 15 giorni, in modo tale da fare essiccare completamente le castagne, che dopo vanno tostate in forno per 30 minuti circa. Al momento della consumazione, per farle insaporire e reidratare, vengono immerse in cassoni di plastica pieni di acqua o di acqua e vino.

L’Indicazione geografica protetta “Nocciola di Giffoni” si riferisce, invece, ad una delle varietà italiane più pregiate in assoluto, indiscussa regina del territorio dell’area dei Monti Picentini: la Tonda di Giffoni IGP. Già tremila anni fa, nell’antica Picentia, la nocciola rappresentava la ricchezza economica di un’intera comunità: in una tomba proto-etrusca del IX secolo a.C. furono, infatti, rinvenute due nocciole combuste insieme alla spada, alla punta di una lancia e ad altri oggetti di pregio.

Dalla polpa bianca, consistente, e dal caratteristico sapore aromatico, la nocciola picentina è particolarmente idonea alla tostatura, alla pelatura e alla calibratura. Perfetta per la trasformazione industriale, è fortemente richiesta dalle industrie per la produzione di pasta e granella, nonché come materia prima per la preparazione di specialità dolciarie come dolci, torte, gelati e creme, ma anche insoliti primi piatti e liquori alla nocciola.

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