Con la luce negli occhi: al Tram il commosso ricordo di un dio profondamente umano
Con la luce negli occhi è lo spettacolo scritto e diretto da Riccardo Pisani e interpretato da Marco Aspride, in scena al teatro Tram di Port’Alba fino a domenica scorsa, 27 novembre.
” Sono un tifoso appassionato – racconta Riccardo -. Diego Armando Maradona è stato un punto di riferimento e ho intrecciato un rapporto con lui fin dalla mia infanzia. Di rimando, il mio sentimento è cresciuto attraverso la scuola, la famiglia e gli amichetti. Una passione dapprima istintiva. Poi divenuta sempre piú razionale via via che crescevo”.
Secondo le parole dell’autore e regista, era evidente che Diego Armando stava facendo qualcosa di importante a livello identitario per la città: le persone erano più felici, più consapevoli, più orgogliose della loro radice e della loro appartenenza territoriale.
“Lui – continua Pisani – diceva spesso di voler essere l’idolo dei bambini poveri di Napoli, perché era come loro quando era piccolo”.
Maradona ha lottato contro il razzismo e lo ha denunciato, spingendo i Napoletani a ritrovare l’orgoglio non solo a livello sportivo ma anche sociale.
La sua fragilità esposta, che lo rendeva non solo un dio, anzi un D10S, ma anche profondamente umano, dialogava con i suoi valori e ideali, che lui aveva molto chiari e che non ha mai voluto rinnegare.
“Lui non ha mai tradito i suoi ideali – evidenzia il regista -, in primis il suo amore e il suo senso di protezione per le persone più fragili. Il suo non era un calcio da passerella, legato ai diritti televisivi, bensì un calcio profondamente legato all’appartenenza territoriale e popolare. Maradona visse questa fase di transizione e denunciò le regole di mercato che costringevano, per esempio, i giocatori degli USA a giocare con 40 gradi centigradi di temperatura”.
Diego era anche un uomo profondamente fragile, travolto dalla pressione legata al suo successo: qualunque essere umano sottoposto a queste istanze pressanti avrebbe subito effetti devastanti.
“La pressione che ha vissuto negli anni di Napoli – continua il suo racconto Riccardo – avrebbe provato chiunque. Questo non vuol dire che chiunque avrebbe fatto le sue stesse scelte. Peró Diego, nella sua fragilità, ha mantenuto la forza di rialzarsi, in nome del suo profondo amore per la città”.
In ogni contesto sociale e storico, richiamando le parole dell’autore dello spettacolo, esistono i marginali, ma Napoli e Maradona si sono capiti e accolti a vicenda. Entrambi, infatti, avevano vissuto uno stato di abbandono e Dieghito da Villa Fiorito ha portato la città a realizzare un sogno.
Nello spettacolo, in controluce, si intravede il rapporto con la madre, oggetto di un amore sviscerato, ma anche quello col padre, che nella sua realtà quotidiana era profondamente legato a lui.
Infatti, il suo papà lo seguiva addirittura durante le trasferte del team argentino e cucinava banchetti a base di carne per tutta la squadra, che era vissuta come una famiglia.
Così come furono una famiglia per lui Napoli e i Napoletani.
” I Napoletani – ribadisce l’autore – vollero essere la sua famiglia e lui fu il nuovo figlio di Napoli. Maradona aveva bisogno di una dimensione familiare; aveva bisogno di un’accettazione autentica, non solo come idolo, ma anche e soprattutto come persona con tutte le sue fragilità”.
Lui, secondo quanto evidenzia Pisani, possedeva un estro anarchico, ma era anche molto strutturato nella sue scelte valoriali. Grazie a quei valori e a quegli ideali ha realizzato qualcosa di inimmaginabile: ha cambiato le sorti di una città.