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“Il colore nascosto delle cose”, l’Osteopatia secondo il senso del tatto

Torna la rubrica dell’esperto di medicina alternativa e Osteopata, il Dott. Carlo Conte. Questa settimana, prendendo spunto dal film “Il colore nascosto delle cose”,  ci ricorda che in Osteopatia, l’approccio manuale è il fondamentale per una diagnosi corretta. Scopriamo perché.

“Il colore nascosto delle cose” è un film diretto da Silvio Soldini, con protagonisti Valeria Golino e Adriano Giannini. E’ stato presentato, fuori concorso, alla 74° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Emma, interpretata da Valeria Golino, ha perso la vista durante l’adolescenza. E’ una ragazza speciale che non si è fatta abbattere dalle difficoltà e che, grazie alla sensibilità delle sue mani, conduce una vita appagante lavorando come osteopata. Questo mestiere infatti, le permette di aiutare i pazienti attraverso le sue mani, senza aver bisogno della vista. Il senso del tatto forse è fra i sei il più trascurato degli ultimi anni, in un mondo bombardato da colori, profumi e suoni.

Eppure “la mano è ciò che più fa rassomigliare l’uomo a Dio”, diceva il filosofo Giordano Bruno. E’ senz’altro grazie alle proprie mani che l’uomo nel corso della sua evoluzione è riuscito a distinguersi dalle altre specie.

Dal plasmare utensili lavorando la roccia nuda alla realizzazione delle più grandi opere d’arte, le abilità manuali 

dell’uomo hanno lasciato un segno indelebile nella storia del pianeta. Un tempo anche nell’arte medica l’uso delle mani era di fondamentale importanza.

La palpazione dell’addome, la percussione del torace, la percezione della temperatura del corpo sono solo alcune delle pratiche che hanno caratterizzato i grandi clinici del passato, da Ippocrate a Galeno, da Moscati a Cardarelli. Purtroppo attualmente con l’avvento della TAC, della Risonanze Magnetiche, della Radiografia in medicina si è del tutto abbandonato l’approccio manuale, affidandosi quasi esclusivamente all’ausilio delle macchine.

Al contrario in Osteopatia l’approccio manuale resta il punto cardine per la diagnosi e per il trattamento, affinando negli anni di studio e di pratica una non comune sensibilità palpatoria. Ma quanto possiamo fidarci di quello che sentono le nostri mani?

I numeri delle nostre mani sono veramente da record! Basti pensare che la più piccola superficie che riusciamo a distinguere è di circa 0.2 millimetri, e che siamo in grado di percepire addirittura spostamenti di ampiezze inferiori ai 10 nanometri (un milionesimo di millimetro!). Fate un esperimento: posizionate un capello (non fatevi male) sotto un foglio di carta e ad occhi chiusi provate a trovarlo con il polpastrello. Resterete sorpresi dal fatto che riuscirete senza problemi a trovare l’esatta posizione di questo oggetto spesso poco meno di 0.6mm.

Questo spiega il perché l’Osteopatia consideri la mano come “madre di tutti gli attrezzi”, capace di ascoltare ed interpretare i messaggi del corpo. Possiamo affermare che non esista attualmente uno strumento tecnologico tanto preciso quanto la nostra mano e che il contatto con il paziente vada assolutamente recuperato così come era un tempo.

Le macchine dovrebbero essere solo un ausilio per confermare i sospetti, i dubbi e le intuizioni di un medico che visita e tocca il paziente, e non l’unico modo per fare diagnosi.

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