Be My Eyes, la solidarietà si fa social
Un’ app per ogni esigenza. Le app ci aiutano in tutto, ci svegliano al mattino, contano i passi che facciamo, le calorie che ingeriamo, ci allietano con la musica, ci leggono un libro, ci aiutano nei pagamenti, controllano il pianto dei nostri bambini e tengono persino sotto controllo i fantasmi. Spesso ci tendono una mano, per lo più in modo abbastanza freddo e sterile, ma qualcuna riesce a fare la differenza, a lasciare un segno attraverso il semplice gesto di rispondere ad una chiamata.
Be My Eyes è un’app che non punta sull’innovazione tecnologica ma pone l’accento sui rapporti umani, resi possibili dalla rete, tra i non vedenti e i normodotati che vogliono dare una mano.
E’ stata ideata dal danese Hans Jørgen Wiberg, la cui vista si è progressivamente ridotta dalla condizione normale alla nascita fino a un campo visivo ristrettissimo di soli 5 gradi, ha così deciso di sfruttare ciò che gli era successo per aiutare gli altri ipovedenti nella vita di tutti i giorni.
Quando una persona in difficoltà ha bisogno di aiuto, non fa altro che chiederlo attraverso la app, per trovare dall’altro capo del telefono gli occhi di un’altra persona che ci vede bene, pescata a caso tra gli iscritti. L’app utilizza la fotocamera posteriore del cellulare trasferendo il video sul display del volontario che risponde alle domande che gli vengono poste. I motivi per cui qualcuno si trova a prestare i propri occhi sani a chi ne ha bisogno possono essere i più vari: ad esempio il non vedente può dover controllare la scadenza su un cartone del latte, oppure trovare la giusta direzione dove andare o scegliere un prodotto dallo scaffale di un supermercato.
“Se potessi avere gli occhi di una persona sana anche per soli cinque minuti al giorno, la mia vita cambierebbe enormemente”, questo quello che dicevano le persone con cui ha parlato Hans Jørgen Wiberg durante le fasi di test . L’applicazione è disponibile per iPhone e negli ultimi mesi anche per Android. E’gratuita e attiva senza limiti per 24 ore al giorno, sette giorni su sette. L’oltre mezzo milione di volontari aderenti all’app sono la vera colonna portante dell’intero progetto. Raggiungere un numero così cospicuo di persone e impiegarle in un’attività di servizio gratuito è stato reso possibile soprattutto dalle politiche del progetto che lasciano totale discrezionalità di gestione del proprio impegno. Il setting standard per ricevere chiamate è impostato dalle 7 alle 22 del proprio orario locale e dà comunque la possibilità di rifiutare la chiamata in caso di impossibilità a rispondere. I volontari sono chiamati in modo casuale e se non dovessero essere in grado di rispondere, la piattaforma girerà automaticamente la chiamata al primo collega disponibile. Un sistema, questo, che garantisce che il 90% delle chiamate sia servito entro i 60 secondi. Questi vengono chiamati dall’applicazione in base ai diversi fusi orari e al tipo di lingua parlata, sono 95 quelle selezionabili sull’app. L’utente non dovrà così preoccuparsi di disturbare nessuno anche durante gli orari notturni. La rete di volontari è così ampia che – spiegano i responsabili – se un utente statunitense ha bisogno di un aiuto durante le ore notturne, verrà automaticamente connesso con un’assistente in Inghilterra o Australia, paesi anglofoni, ma con fusi orari diversi. Ovviamente la politica sulla privacy è molto forte. Sconsigliato fornire numeri di carte di credito, password email, numeri di documenti personali, così come è vietato abusare del servizio per scopi non compatibili con le sue finalità. Le regole sull’uso corretto del programma garantiscono entrambe le parti in comunicazione da un potenziale uso illegittimo del servizio. La privacy dell’utente è sempre protetta dall’anonimato: nessun volontario riceve il numero di telefono, il nome, l’indirizzo, l’email, o altre informazioni personali riguardanti coloro che chiedono aiuto. Questi, dal canto loro, dovranno esimersi dal condividere contenuti considerati illegali, sessualmente espliciti, o riportanti messaggi di istigazione all’odio.
Be My Eyes è insomma un metodo semplice e immediato per dare una mano al prossimo in modo utile e senza troppo sforzo.