Accadde oggi, il delitto di Cogne nel 2002
Sono trascorsi 17 anni da quando da un villino della cittadina ai piedi dei monti della Valle d’Aosta arriva una chiamata al 118. Un bimbo di appena tre anni – Samuele Lorenzi – “sta vomitando sangue”.
Sono le ore 8.28 del 30 gennaio del 2002 quando il 118 valdostano riceve una telefonata. Una donna, Annamaria Franzoni, chiede aiuto. Il figlio Samuele (3 anni), dice, “vomita sangue”. Richiede, quindi, un intervento tempestivo. La versione della donna è che abbia trovato il bambino così dopo aver accompagnato il figlio più grande allo scuolabus.
Ada Satragni, medico di famiglia, chiamata un minuto prima, arriva di lì a poco ipotizzando un’improbabile causa naturale. Aneurisma cerebrale, afferma il medico.
Ai soccorritori del 118 apparve subito chiaro invece, che le devastanti ferite sul capo del bambino erano frutto di un atto di violenza, Samuele Lorenzi è stato assassinato.
Vengono avvisati i carabinieri. La mamma, sin dall’inizio, appare la responsabile dell’accaduto. Tutte le indagini portano a lei. Il suo pigiama, mostra numerose tracce di sangue e anche le ciabatte.
«L’assassino indossava il pigiama e le ciabatte. La Franzoni indossava il pigiama e le ciabatte. La Franzoni è l’assassino» scrive il gip Fabrizio Gandini sull’ordinanza di arresto.
Non vengono trovate tracce di una presenza estranea nella casa. In otto minuti, secondo l’accusa sarebbe stato impossibile per un estraneo entrare, uccidere un bambino e uscire senza lasciare indizi.
Annamaria Franzoni viene condannata nel 2004, durante il processo di primo grado con rito abbreviato, a 30 anni di reclusione. Il 27 aprile del 2007, nel processo d’appello, la pena è ridotta a 16 anni grazie ad attenuanti generiche. Il 21 maggio del 2008 la Cassazione conferma la sentenza d’appello. Da qualche anno la Franzoni sta scontando gli arresti domiciliari nella sua casa di Ripoli Santa Cristina.