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L’avaro immaginario: al Sannazaro in scena la storia del teatro partenopeo

Lo spettacolo L’avaro immaginario, per la regia di Enzo Decaro, sin dal titolo rivela che si assisterà a una fusione, una sintesi, una crasi, tra alcune opere di Moliere che vengono però reinterpretate – dai protagonisti, i fratelli dè Bruno – in una lingua e anche secondo una un’arte del vivere e una sensibilità tipicamente partenopee e, più ampiamente, del sud Italia e del mondo.

In scena lo stesso Enzo Decaro, Nunzia Schiano e La Compagnia Luigi De Filippo: Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano, Fabiana Russ e, Ingrid Sansone.

Una rappresentazione solo apparentemente leggera, che dietro la patina del sollazzo, rivela uno spirito critico capace di scavare in profondità.
Lo spettacolo miscela vari toni: da quello ridanciano a un tono profondo, serio, avvertito. Alterna anche vari registri stilistici e comunicativi: la lingua napoletana si incontra con quella italiana, passando per un italiano volgare piuttosto aulico, per arrivare a una sorta di fusione di dialetti del Sud.
L’espediente narrativo è quello di un gruppo di commedianti che tirano a campare, arrivando persino – presi dai morsi della fame – a mangiare il proprio cavallo, Raimondo, anche se poi uno dei protagonisti Pacchianone, la maschera senza maschera, ne sentirà profondamente la mancanza, correlata a un crescente senso di colpa.
Il gruppo – caratterizzato da legami di sangue, di arte e di scelte di vita – lascia la propria casa alla volta di Parigi, dove Pacchianone spera di incontrare uno dei suoi maestri, o per meglio dire una delle sue maggiori figure ispiratrici: Molière.
Il viaggio intrapreso nella speranza di lasciarsi alle spalle epidemie e guerre e di andare incontro a un futuro migliore, diventa metafora di un percorso di progressiva assunzione di consapevolezza e luogo privilegiato di riflessione sul senso della vita.
Attraverso l’incontro con vari personaggi – dalla fattucchiera all’attore che ha conosciuto da vicino Molière e che ne rivela luci ed ombre – Pacchianone si renderà conto che percepire un accadimento come fonte di bene o di male non è frutto di una dimensione oggettiva ma di una percezione soggettiva che sta nella testa delle persone.
La mitizazzione della figura di Molière, emblema della cultura francese, a un certo punto lascerà il posto a una valorizzazione più avvertita delle proprie radici culturali, incarnate dalla figura di Giordano Bruno, che pagò con la vita la sua laicità di pensiero e il suo essere precursore dei tempi.
Il tono leggero dello spettacolo dà ampio spazio a riflessioni profonde. Dal linguaggio teatrale sfocia nella vera e propria filosofia, interrogandosi sul senso del Divino; sul rapporto tra l’essere umano e Dio. Sul significato della vita e della morte, in rapporto allo scorrere il tempo e alle legittime aspirazioni di vita di ogni essere umano, che si contrappongono alle stringenti necessità e alle pressioni sociali.
Al centro la forza delle relazioni e l’importanza di un posto da poter chiamare casa a cui tornare, ma anche l’avvicendamento generazionale e il ruolo sociale del teatro.
Lo spettacolo ha trovato uno spazio di valorizzazione tra le pareti del teatro Sannazaro e – dopo il successo di ieri, venerdì 24 gennaio con l’esordio del secondo fine settimana di programmazione – tornerà in scena stasera, sabato 25 gennaio alle 21:00, e domani domenica 26 gennaio alle ore 18.
Gli attori si confrontano con una struttura della narrazione complessa e come dei perfetti giocoliari e con grande intensità si muovono tra i vari temi e toni, destreggiandosi tra una serie di citazioni che testimoniano dell’universalità del linguaggio teatrale, capace di essere contemporaneamente specchio del suo specifico tempo, ma anche fuori dal tempo e quindi eterno.
Un viaggio nel viaggio dove sarà possibile incontrare i sei personaggi in cerca d’autore; Filumena Marturano; la comicità amara e ironica di Massimo Troisi e tanti e tanto altro.
Si ride, si pensa, si ripercorrono varie tappe iconiche della storia del teatro e del cinema. Si viene improvvisamente travolti da un senso di tenerezza e di nostalgia, ma anche dalla dolente consapevolezza che la ruota del tempo tutto macina. Si torna a casa arricchiti e forse un pizzico più consapevoli e orgogliosi delle proprie radici culturali, incarnate dalla coraggiosa contemporaneità di alcuni pensatori.

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