HOMETEATRO

Mis-Smarco: storia intensa di rinascita al femminile al Serra

Si è concluso  al teatro Serra uno spettacolo di cui si ha davvero bisogno per riflettere, per sentire dal di dentro qual è la condizione femminile ieri come oggi.

Per mettersi nei panni di una donna, ma anche in quelli di un uomo che riconosce la propria posizione spesso privilegiata all’interno della famiglia d’origine e del più ampio contesto sociale. Ci vuole coraggio per riconoscere prima e ammettere poi le proprie fragilità.

Valentina lluminati è scrittrice, regista e interprete di questo monologo, che – per sua stessa definizione – sa farsi dialogo tra varie condizioni esistenziali e varie personalità, ma anche con il pubblico, continuamente chiamato in causa.

Mis- Smarco mette in scena e racconta il percorso di consapevolezza di una frichina, una bimba, che porta alla legittima liberazione dal mito della perfezione. Un’ode all’imperfezione e un incoraggiamento a essere e a “diventare” sè stesse.

Fin da quando nasciamo – ribadisce la regista e interprete – ci viene inculcata una certa idea di come dovremmo essere. Quindi man mano che cresciamo cerchiamo sempre di risultare rispondenti a questa idea.  Assecondiamo il bisogno di essere amate e accettate. In questo modo, però, diventiamo sempre più estranee a noi stesse e ci snaturiamo. Secondo me i bambini possono essere definiti puri, cioè liberi dai condizionamenti sociali, fino ai 3-4 anni, ma già verso gli 8-10 anni le bambine, in particolare, vivono intrappolate nella gabbia delle aspettative altrui e degli stereotipi di genere

Uno spettacolo in cui Valentina procede a perdifiato, dominando il palco, per un’ora dieci. Salta da una fase della vita a quella successiva e da una personalità all’altra.

Può essere quella di  “diavolo” che vuole sottrarsi a un destino imposto e a una visione schematica delle cose. Quella di rompiscatole; quella di colei che fornisce incomprensibili consigli non richiesti da imbonitrice (ma lei ci crede eh). Quella di rock star in cerca di riscatto e di applausi. Quella di una giovane adolescente che ama un uomo che, tristemente, neanche sa che lei esiste.

Il teatro  – ribadisce Valentina –  non spiega i fenomeni, ma aiuta lo spettatore a mettersi nei panni di chi viene rappresentato. In questo caso di una donna e della sua condizione. Una frica che si dibatte tra una serie di aspettative di ruolo.”

Il linguaggio è semplice, potente e punta a smuovere le emozioni.

Tocca i punti ciechi e gli angoli nascosti delle persone.

Secondo quanto evidenzia l’autrice e regista, dopo lo spettacolo alcuni uomini le hanno confidato che è riuscita a farli sentire una donna o a far loro percepire che godono di una posizione favorita nella famiglia e nella società.

Un’operazione di rispecchiamento e di riconoscimento reciproci attraverso la quale anche gli uomini riescono ad ammettere finalmente le loro fragilità e a farci pace, abbandonandosi senza remore al flusso delle emozioni e dei ricordi, che Valentina sa evocare pur non conoscendoli direttamente.

Uno spettacolo che parla alle donne e agli uomini, che vuole diventare un possibile motore di cambiamento sociale, aiutando a uscire da quella che, nei fatti, continua ad essere una stasi collettiva, con il riproporsi di una serie di stereotipi, di pregiudizi, di disparità sociali e di gap di genere.

La protagonista – la stellona della nonna – non racconta di grandi traumi, ma di quei piccoli traumi quotidiani apparentemente insignificanti che passano sottotraccia, senza quasi lasciare un segno, ma che in realtà plasmano profondamente la vita di una donna e di ogni essere umano. Il suo modo di sentirsi e i suoi obiettivi.

E’ la storia qualunque di una donna qualunque, piena di microuniversi che si intersecano, di parentesi graffe che noi stessi lasciamo aperte e sospese.

Richiamando le parole della Illuminati, quando si accetta di non essere perfette e si smette di assecondare le aspettative altrui, forse si perderà qualcuno per la strada, lo si deluderà e questo qualcuno si allontanerà, ma si guadagnerà qualcosa di più grande… Un amore autentico e sconfinato verso sè stesse e la possibilità di essere fedeli al proprio io. La possibilità di abbracciarsi, di abbracciare e di sentirsi abbracciati dall’universo e dalla vita, quella più vera.

Si tratta di uno spettacolo a buffet, dove ognuno può portar via quello che ritiene più utile.

Si tratta di una piece trascinante che per un’ora e dieci è in grado di tenere avvinto lo spettatore in un processo di continuo rispecchiamento.

Un’emozione forte in grado di scardinare qualsiasi razionalizzazione, inducendo addirittura la commozione.

Un testo e una performance che sono riusciti a disvelare parti della vita di ognumo di noi e a liberare una serie di emozioni.

Valentina descrive la progressiva crescita di una donna che sin dalla sua nascita viene paragonata al fratello, considerato un perfetto angelo. Un trio familiare e un idillio perfetti turbati dalla di lei venuta al mondo.

Lei, antitesi della controparte maschile, che vuole esprimere sè stessa con fantasia e creatività, uscire fuori dai margini e rivelare il suo talento e la sua forza.

Proprio per questo, spesso viene punita,  redarguita affinché stia o torni al suo posto, ottenendo così degli effetti tragicomici di congelamento.

Una corsa affannosa alla ricerca di amore, di approvazione e di accettazione.

I messaggi che si ricevono in cambio, però,  appaiono molto contraddittori: se qualcuno ti ferisce bisogna subito chiedersi che cosa gli abbiamo fatto noi e dov’è la nostra colpa nei suoi confronti.

Veniamo educate ossessivamente ad avere una storia a tutti i costi e a fare famiglia, ma non l’avremo mai perché finiamo per allontanare i potenziali partner, che fuggono spaventati dalle nostre aspettative di coppia.

Se siamo invece delle anime libere, che vivono la propria sessualità senza vincoli, diventiamo delle femme fatale da condannare e dileggiare, perchè incapaci di costruire qualcosa, sempre in compagnia di qualcuno di diverso.

La protagonista è sempre considerata qualcosa di sbagliato. Si trova nel posto sbagliato e nel momento errato.

Per quanto si sforzi di piacere, per essere accettata, e di essere simile al fratello; di rispondere alle aspettative di ruolo e alle tipizzazioni di genere, viene sempre etichettata come una personaggio scomodo, prolisso.

Un piccolo grillo parlante e fastidioso. Una persona che è frustrata nei suoi sogni e che indirizzerà il proprio amore a un uomo che neanche sa che lei esiste.

Vittima di un continuo tentativo di uccidere gli entusiasmi.

Alla fine la protagonista capirà che deve accettare e abbracciare la sua natura così come fa un’aquila che non cammina male, ma che per sua intrinseca necessità è destinata a volare alto, sfruttando le correnti di aria calda per ascendere e quelle di aria fredda per planare.

Nel finale abbraccerà finalmente la vita,  accettando le sue fragilità e cullando la bambina assieme alla sè stessa adulta.

L’augurio per queste feste è quello di riuscire a smarcarsi dalle aspettative altrui, da quelle di genere e dalle pressioni sociali.

Buon Natale e grazie al teatro Serra che ancora una volta ci offre uno spazio di condivisione, di confronto e di dialogo.

Una palestra per il senso critico.

Ph. Simona Pasquale

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