Nel Cilento, alla scoperta della Dieta Mediterranea
Il viaggio alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche del Cilento non può che partire da Pioppi, nel Comune di Pollica, patria universalmente riconosciuta della Dieta Mediterranea, così come teorizzò negli anni 50 il fisiologo americano Ancel Keys.
La dieta mediterranea, riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Immateriale dell’Umanità, è uno stile di vita che contempla un’alimentazione basata su frutta, cereali, verdura e olio extravergine d’oliva, un bicchiere di vino rosso al giorno, pesce, noci, legumi e un moderato consumo di carne e formaggi.
L’olio extra vergine di oliva DOP, il pane fatto in casa, i legumi, i vini DOC, il fico bianco del Cilento DOP, i latticini di bufala, sono tra gli ingredienti cardine della tradizione culinaria locale: una cucina sana, dagli ingredienti semplici, ma ricca nei sapori.
Sicuramente l’origine di Pioppi è riconducibile e strettamente legata alla storia di Velia: la conformazione geografica del golfo velino, in particolare la baia su cui insiste Velia, tra Torre la Punta e Capo Palinuro, e su cui si affacciano, nell’ordine, Pioppi, Casal Velino, Velia, Pisciotta, Palinuro, nonché i ritrovamenti e i numerosi riferimenti, le citazioni e le testimonianze storiche, attestano senza dubbio il legame fra Pioppi e l’antica Elea, poi Velia, oggi Ascea, distante soli 12 km più a sud.
Sita nel cuore del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, bagnata da un mare cristallino e certificato “Bandiera Blu”, l’antica città di Elea-Velia fu patria di Parmenide, fondatore della scuola medico-eleatica, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Una delle più belle e fiorenti città della Magna Graecia, la città di Elea fu fondata dai Focei intorno al 540 a.C., e fu sede della scuola filosofica di Senofane, Parmenide, Zenone e Melisso, la famosa “Scuola Eleatica”. Con l’arrivo dei Romani, nel I secolo a.C. assunse la denominazione di Velia, fino al IV secolo d.C., quando un’alluvione la seppellì completamente. Gli scavi, condotti a partire dal 1921, portarono alla luce i resti dell’antica città romana, tra cui la famosa Porta Rosa, unico esempio di arco a tutto sesto di fattura greca in Occidente.
Tramite un costone roccioso, delimitato da staccionate e passerelle di legno, è possibile percorrere il Sentiero degli Innamorati, che si estende dalla scogliera di Ascea Marina fino ai resti della Torre del Telegrafo. Sebbene oggi diruta, la Torre si erge ancora come un guardiano a picco sul mare, consentendo vedute paesaggistiche mozzafiato e conservando intatta l’imponenza del tempo in cui era parte del sistema di avvistamento e difesa litoranea delle torri costiere del Regno di Napoli, eretto nel corso del XVI secolo a protezione del Regno dalle incursioni dei corsari. Era detta anche “vecchio semaforo”, in quanto sede di un sistema di trasmissione a segni tra Ascea e Palinuro.
Grande protagonista della gastronomia asceota è l’olio extra vergine della cultivar locale “Pisciottana”, introdotta dai Focei nel IV sec. a.C., quando fondarono la città di Elea.
Altre specialità sono la mozzarella “ind’a murtidda”, la cui pasta bianca viene aromatizzata dai rametti di mirto nei quali viene avvolta e custodita dopo la lavorazione, e le melanzane “‘mbuttunate”, ripiene di formaggio di capra, uova, aglio e prezzemolo e poi fritte e condite col pomodoro. Ma il “must” assoluto è il fico bianco del Cilento DOP: particolarmente indicato per l’essiccazione, viene aromatizzato con finocchietto selvatico e scorza di limone, farcito con noci o mandorle, e conservato per l’inverno diventa un dessert prelibato.