A Sala Ichòs Teatro delle Bambole
FOCUS: Teatro delle Bambole a Sala Ichòs.
Venerdì 7 Dicembre e Sabato 8 Dicembre 2018 – ore 21.00
Domenica 9 Dicembre 2018 – ore 19.00
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IL FIORE DEL MIO GENET
Spettacolo itinerante tra i bassifondi dell’anima
Progetto di ricerca: “LA LINGUA DEGLI INSETTI – Cofanetto 6: Farfalle”.
Drammaturgia e regia: Andrea Cramarossa – Con: Federico Gobbi e Domenico Piscopo – Costumi: Silvia Cramarossa / Scenotecnica: Fabrizio Collimanti – Maschere: Luigia Bressan – Produzione: Teatro delle Bambole – Con il sostegno di: CEA Masseria Carrara, Collinarea Festival e LUCCICA – Festival delle Arti.
Venerdì 14 Dicembre e Sabato 15 Dicembre 2018 – ore 21.00
Domenica 16 Dicembre 2018 – ore 19.00
Teatro delle Bambole torna a Napoli con un approfondimento interamente dedicato alla sua ricerca artistica. Sala Ichòs accoglie due importanti lavori del percorso artistico del gruppo. Un vero e proprio focus con la presentazione di un lavoro di repertorio del 2006 (PSICOSI DELLE 4 E 48 di Sarah Kane) e l’ultima produzione in ordine di tempo che è all’interno del Programma di Ricerca quinquennale “LA LINGUA DEGLI INSETTI 2012-2017” (IL FIORE DEL MIO GENET – Spettacolo itinerante tra i bassifondi dell’anima).
“Psicosi delle 4 e 48” (in scena dal 7 al 9 Dicembre) è il celebre monologo di Sarah Kane interpretato per la prima volta da un attore, Andrea Cramarossa, che ne cura anche la regia.
Scrive l’interprete nel foglio di sala: “In quella grande rappresentazione della sofferenza che per me è stata la lettura del testo poetico “Psicosi delle 4 e 48”, non riuscivo a trovare la chiave per metterlo in scena teatralmente. Finché non mi sono venuti in aiuto i ricordi dell’Autrice, la sua biografia, il suo vivere e il suo sentire. La scelta è caduta nella “non messa in scena”, nella voluta impossibilità dello spettatore di “vedere” ciò che accade ma piuttosto costringendolo a “sentire” ciò che accade, come a volerlo volutamente privare di un senso, quello della vista, il senso per eccellenza legato alla razionalità, al nostro mondo – modo occidentale, il senso che appartiene principalmente agli “altri” che vedono sempre tutto e che quindi sanno sempre tutto. Tranne ciò che riguarda loro stessi.
Nel buio, la protagonista, si muove, si contorce, crede di colloquiare con altre persone, crede di poter allontanare da sé quel morbo che nell’insoddisfazione dell’inadattabilità, la sta conducendo alla fine del suo cammino che si concluderà in una notte, alle 4 e 48 in una dolce oscurità.”
“Il fiore del mio Genet” (in scena dal 14 al 16 dicembre) è un ricordo, un omaggio, una riflessione sulla poetica estremamente poetica, un ingaggio delle anime perdute, del mondo melmoso e puro di Jean Genet. Due attori si muovono nelle dimensioni della sacralità e del ladrocinio, della mendicità e della santificazione. Due figure iconoclastiche, ora regali uccelli conquistatori, ora marinai che raccontano, ora feroci assassini, ora venditori di corpi. Stare con Genet, significa stare dalla parte di chi non è stato ascoltato, di chi ha avuto la maledizione di un destino duro fin dalla nascita, perduto da un “passaggio” ad un altro, da un genitore ad un altro… Perduto, sì, in una eco infinita di pensieri che nessuno vuole condividere.
Dal non – luogo il poeta è passato e ha lasciato una traccia: due ladri. Due che, come lui, hanno imparato a vendere sé stessi e a rubare, a pregare e a uccidere, a fuggire e a restare. Il poeta è stato troppo poco tempo, forse, con loro, è stato graziato ed è andato via. Hanno imparato il verso della poesia, hanno imparato a dirle, le poesie. Non aspettano il suo ritorno, sanno che non tornerà, sanno che dovranno cercarlo anche loro, lasciandoquella piccola casa colma di ricordi indigesti, dimenticando il loro patto e la loro reciproca assenza.
Protagonisti dello spettacolo sono Federico Gobbi e Domenico Piscopo.
Lo spettacolo nasce dal progetto di ricerca “La lingua degli insetti // Cofanetto 6: Farfalle”. “L’approccio al mondo immenso e misterioso degli Insetti, mi ha permesso, con stupore, di lasciarmi suggestionare dagli stimoli sensibili dei loro micro movimenti, del loro esistere, del loro “sentire”, aprendo lo sguardo su possibili connessioni con il mondo altrettanto misterioso degli esseri umani. Sul palco, le luci dei fari, si alterneranno a torce e candele. La “quarta parete”, nel continuo gioco di distruzione e di ricostruzione, sarà più volte abbattuta e ricostruita: gli spettatori entreranno nel gioco infame della metamorfosi, talvolta condotto attraverso atti demenziali, altre volte con drammaticità, sfociando spesso nel senso di un vivere grottesco.” (Andrea Cramarossa)
Comunicato Stampa