HOMEMUSICA

I Fiori Musicali: la rassegna musicale si conclude disvelando bellezza

Si conclude oggi, sabato 15 giugno, presso l’Antico Refettorio di Regina Coeli, la rassegna I fiori musicali, promossa e realizzata dall’Associazione Dissonanzen, presieduta da Tommaso Rossi.
 
 

Chiude la rassegna – alle 19:00 –  il concerto del talentuoso giovane fisarmonicista  Pietro Paolo Antonucci, diplomatosi con il massimo dei voti e la lode al Conservatorio Licinio Refice di Frosinone, sotto la guida di Francesco Gesualdi, che dedica particolare attenzione nel suo percorso artistico al rapporto tra repertori antichi e moderni.
Come di consueto, il concerto sarà preceduto da una visita guidata  realizzata in collaborazione con l’Atrio delle Trentatrè  Onlus.
 
Sabato scorso, 8 giugno, è stata la volta del trio composto  da Alessandro de Carolis ai flauti, Carmine Scialla alla chitarra battente (una chitarra multicorde) e Antonino Anastasia alle percussioni.
 
Un viaggio musicale e spazio – temporale che salta da una composizione strumentale del Trecento fiorentino alle follie di Spagna, dal barocco di O’ Carolan alle musiche della Napoli seicentesca.
 
Si fondono così sonorità distanti, connotate però da una chiara matrice popolare e accomunate dalla forza della pulsione ritmica, dall’energia della danza. Superando i confini temporali l’affiatato trio ricerca continuamente sonorità nuove, divertendosi a rimescolare le carte, creando un suggestivo percorso attraverso l’Europa, dal nord dell’Irlanda fino alle coste del mar Mediterraneo. 
 
E’ una  musica tradizionale, caratterizzata dalle improvvisazione. La cosiddetta musica bassa si contrappone a una musica alta, che invece viene composta e suonata secondo regole ben precise.
 
Nella musica popolare, invece, a prevalere è il registro dell’improvvisazione. Richiamando le parole degli esperti, i  repertori si contaminavano a vicenda. Poi, in relazione al luogo di esecuzione, si creavano varie caratterizzazioni: c’era la musica da camera, la musica da strada e quella da chiesa. Nel repertorio spicca una tarantella pugliese. Le tarantelle nascono nel 1800 e ben presto, con i loro ritmi vivacissimi, divengono emblema della musica popolare, ma anche del Regno delle Due Sicilie.
 
Questa musica popolare e tradizionale,  tipica dei menestrelli, ci ha trasportano in un’altra epoca e un altro dimensione spazio- temporale.
 
Il concerto è stato preceduto da una visita a una vera perla del teritorio partenopeo. Si tratta di un ex monastero, oggi è abitato da un nucleo di 37 suore di vita attiva.
 
L’ordine delle Suore della Carità viene portato a Napoli da Giovanna Antida, francese di provenienza,  su invito, che lei accetta, di Gioacchino Murat.
 
La Antida arriva a Napoli con un manipolo di suore e comincia a mettere la sua opera a disposizione della città.
 
 Assiste gli ammalati dell’Ospedale degli Incurabili e riesce a creare una piccola scuola. Utilizza il periodo antecedente al parto –  in cui le donne, soprattutto quelle di estrazione popolare, permanevano presso il nosocomio –  per insegnare loro a leggere e scrivere.
 
Dota quest’ordine di una propria regola, che si ispira all’etica vincenziana, secondo cui i poveri hanno il diritto di essere trattati dignitosamente.
 
La  regola viene approvata in tempi eccezionalmente brevi: appena un anno, sia in lingua italiana sia in idioma francese.
 
Prima di entrare in contatto – non senza una certa diffidenza –  con la congregazione fondata da Giovanna Antida, i Napoletani conoscevano solo le donne di casa, quelle di strada e quelle di grata, cioè  le monache dedite alla  vita contemplativa, tipica di chi aveva concretizzato il desiderio di allontanarsi dal mondo, facendo voto di castità, povertà, obbedienza e stabilità. Esse promettevano, cioè, di rimanere all’interno del monastero – a Napoli ve ne erano ben 9, sia maschili sia femminili.
 
Invece le suore di vita attiva associano ai tre voti tradizionali quello di servizio, cioè mettono la propria opera a disposizione della città e dei più bisognosi.
 
Oggi, il nucleo di 37 suore, tra cui un gruppo di giovani straniere, provenienti per esempio dal Pakistan e dal Vietnam, porta avanti questa missione.
 
Il convento ospita una scuola dell’infanzia, una primaria e  unsa secondaria di primo grado. Un tempo vi era anche una scuola magistrale e un geometra.
 
Ad accogliere i visitatori un bellissimo orto botanico, che conduce a una farmacia ottocentesca, dove si possono ammirare le erbe officinali e le spezie racchiuse nei loro contenitori originali  di vetro, catalogate secondo le denominazioni dell’epoca.
 
C’è anche  un angolo destinato ai veleni, utilizzati anticamente per alleviare i dolori, e un piccolo laboratorio, dove veniva prodotta artigianalmente la canfora,  molto in uso per curare i problemi respiratori, spalmata direttamente sulla gola. Un piccolo armadio contiene il prezioso strumentario che i medici,  per lo più scienziati,  donavano alle suore che prestavano il loro servizio negli ospedali –  per esempio solo al Cardarelli ce n’erano un centinaio.
 
Il convento è considerato e definito casa e la madre superiora assume la denominazione di sorella servente, proprio ad indicare lo spirito di servizio di queste suore di vita attiva nei confronti della comunità e della collettività.
 
Ph. Pino De Pascale

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