A Lioni, fra riti di fuoco e tradizioni antiche
La superstizione, il malocchio, le credenze popolari sono i pilastri della cultura tradizionale irpina, e Lioni, per la sua centralità geografica, rappresenta da sempre il luogo ideale dove far convergere il folklore.
“Riti di Fuoco” è il frutto di una continua ricerca volta a rivisitare la storia d’Irpinia attraverso le narrazioni antiche, le leggende, le magie che rendono surreale e mistico questo posto. La manifestazione trae origine dalla “Madonna de lo fuoco”, l’Immacolata che nel paese altirpino diventa la regina dei falò accesi per decenni, in segno di devozione e di sfida.
Non vi è certezza dell’origine del toponimo di Lioni. L’ipotesi più accreditata riporta alla presenza di statue raffiguranti dei leoni, ed effettivamente nel centro abitato, ancora agli inizi del Settecento, in cima al campanile, erano presenti due leoni in pietra, di cui uno fu distrutto nel terremoto del 1732, mentre l’altro, malridotto, si trova ancora oggi davanti al palazzo del Municipio. Probabilmente in epoca romana Lioni era luogo di sepoltura, ipotesi avvalorata anche dalla presenza di due stele funerarie murate in case del centro storico. Durante il Medioevo le tombe furono demolite per ricavarne pietre squadrate, ma i leoni, non essendo utilizzabili come materiale da costruzione, furono risparmiati, diventando un riferimento topografico: nei documenti medievali, infatti, Lioni era abitualmente indicato come “casale Leonum”, cioè “dei Leoni”.
Nel corso dei Riti di Fuoco, le strade di Lioni vengono invase dallo scazzamauriello e dal lupo mannaro, dalle janare, dalla masciara e dallo squacqualacchiun, la misteriosa maschera di Teora; è possibile ascoltare i Cunti irpini intorno al fuoco oppure ballare con la Scuola di Tarantella Montemaranese e prepararsi al Natale con le zampogne della tradizione.
Lo scazzamauriello è il tradizionale folletto irpino, solitamente raffigurato come un omino brutto e peloso, con un abito color tabacco, scalzo e con un cappellino rosso in testa, che avrebbe l’abitudine di sedersi sulla pancia o sul petto di chi dorme, disturbandone il sonno. Qualcuno crede addirittura che sia l’anima di un bambino morto prematuramente, c’è chi, invece, sostiene che sia un angelo scacciato dal Paradiso per le sue birichinate. Per conquistarne la benevolenza, gli si possono donare un paio di scarpe o lasciare sassolini nelle ciabatte e questi risponderebbe alla gentilezza con monete d’oro.
Durante i Riti di Fuoco, si può gustare “il pezzente”, una salsiccia tenera dalla leggera affumicatura, lavorata secondo un antico metodo che si tramanda da generazioni. Tutto il sapore genuino della tradizione irpina è racchiuso in quello che una volta era considerato un prodotto povero, che si ritrovava sulle tavole dei contadini: “pezzente”, infatti, stava ad indicare gli scarti del maiale, affumicati e insaporiti con aromi naturali, in un tripudio di sapori e profumi autentici e inequivocabili.
Ma Lioni è famosa anche per quello che è da sempre un appuntamento fisso dell’estate irpina: il Ferragosto lionese. Emigranti, devoti e pellegrini provenienti dai paesi della valle dell’Ofanto e da tutta l’Irpinia, si recavano a Lioni con il treno Avellino-Rocchetta Sant’Antonio per rendere onore al patrono, visitare la fiera e assistere al concerto nella piazza del paese, al cospetto del santuario di San Rocco e del campanile della Chiesa Madre di Santa Maria Assunta (XIV sec.). Una tradizione giunta fino ai giorni nostri, e ogni anno arricchita grazie alle celebrità inserite in cartellone.