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Pomodorì Pompei: un gemellaggio di saperi e sapori

Il Ravida Resort associa a una sezione ristorativa ricercata un’area più informale dedicata alla pizzeria: Pomodorì Pompei. Plus l’elevata professionalità e il senso di accoglienza creato dal personale, come ribadisce Andrea De Simone, sommelier e direttore di sala.


Io e mio marito Raffaele –  racconta Anna Talamodopo aver vinto la sfida della ricettività, infatti abbiamo tre alberghi, abbiamo scelto di affrontare quella della ristorazione, anche per chiudere un cerchio. Infatti, i nostri clienti spesso ci chiedevano come mai fosse possibile soltanto soggiornare presso le nostre strutture e non mangiare. Così abbiamo  deciso di offrire un’esperienza a 360°“.

Negli spazi di Pomodorì Pompei  la creatività del pizzaiolo Nicola Cesarano  si è gemellata con quella dello chef Giuseppe Auricchio.

Abbiamo unito – evidenzia Giuseppe – la grande esperienza come lievitista di Nicola e la mia conoscenza dei prodotti del territorio, all’insegna della valorizzazione delle sue varietà tipiche“.

Un tandem di professionalità che funziona perché punta su una ricetta di successo: la freschezza dei prodotti; la valorizzazione dei talenti delle persone; il legame saldo con le radici di un territorio antico. Non a caso, il termine Ravida è l’acronimo dei nomi dei figli e del marito di Anna.

Nel topping delle pizze ritroviamo una serie di presidi Slow Food, tra antichi saperi e sapori, come le olive caiazzane e l’aglio nero di Voghiera.

Alcuni prodotti – come finocchi, zucchine e fiori di zucca – vengono coltivati dai contadini direttamente in un piccolo appezzamento di terra prospiciente la struttura.

Nicola realizza un impasto “contemporaneo” a elevata idratazione al 72% , con farine alternative di semi di chia e di girasole. Un’esplosione di croccantezza, di profumi e di sapori intensi in bocca, racchiusi in una pasta soffice dall’elevato contenuto proteico e a basso indice  glicemico.

Un amuse bouche di benvenuto, dove si incontrano una montanarina insaporita con Grana Padano e un San Marzano DOP dell’agro nocerino e una frittatina di pasta, realizzata con i bucatini: un cuore caldo di fiordilatte Raimo, una panatura croccante di taralli sugna e pepe e un letto di pomodorini gialli e rossi dry e semi-dry ripassati.

A pulire e rinfrescare il palato ci pensa una bollicina: un prosecco S. Orsola Prestige.

Alcuni dei nostri abbinamenti – evidenzia Giuseppe – potrebbero sembrare insoliti, ma sono sempre all’insegna dell’equilibrio dei sapori“.

Per esempio, nel topping delle due pizze al padellino troviamo l’acidità della ciliegia e dei lamponi in purezza.

Il segreto è fare squadra perché, come ricordano i due creativi in cucina, l’unione fa la forza, attraverso la sperimentazione di accostamenti di ingredienti, metodi e cotture che solleticano il palato. Lo strumento adottato per gemellare la loro arte è quello della comunicazione.

Richiamando le parole degli addetti ai lavori, il prosciutto di salmone è marinato alle arance e limoni e viene accompagnato con una Falanghina IGP che bilancia la corposità non solo del salmone, ma anche quella della stracciata di bufala e la cremosità del pesto di avocado.

In particolare, si tratta di una Falanghina delle Cantine Virgo del territorio beneventano. Questa varietà non cresce su un terreno vulcanico, come quella flegrea, e quindi risulta meno acida. Ciò le permette di avere un sapore coerente con l’acidità del pomodoro – che va ad esaltare – senza prevalere su di esso.

Il colore e la consistenza al palato del finto tonno vengono valorizzati da un mix di flavour tra zuccherino e salato, realizzato con arancia, anice stellato, ginepro e finocchietto. Le erbette spontanee conferiscono al topping masticabilità, la ciliegia prolunga i sapori con la sua acidità.

Nella pizza cotta e al forno il connubio tra mortadella artigianale IGP e acciuga di Sciacca è stato tratto – dopo un lavoro di studio – da una merenda tipica dei contadini. Infatti, l’acciuga si conserva bene anche non in frigo e ha una sua salinità che condisce e insaporisce il tutto. Tradizionalmente i contadini, impegnati nella raccolta dei pomodori, completavano il pasto con questo succoso alimento.

In abbinamento, un Piedirosso delle Antiche Vigne Pompeiane. Un vino rosso che, come spiegano gli addetti al settore, non è molto tannico. Quindi  non ha un effetto allappante al palato, ma un gusto più morbido.

Come fine pasto una pizza dolce fatta con un impasto al cacao realizzato con prefermento biga (poco idratato e poco impastato, composto da farina, acqua e lievito di birra), farcito con una mousse di banana e una colatura di cioccolato, noci caramellate e mini meringhe francesi.

Un dolce che fa tornare bambini, da mangiare direttamente con le mani, a garanzia di un’esperienza sensoriale immersiva.

Il dessert – adagiato su una foglia di banano, dalla consistenza vellutata, secondo un uso tipico della cultura giapponese – è accompagnato da un piccolo e prezioso digestivo. Un distillato Saint Germain aromatizzato al brandy e ai fiori di Sambuco, che ben si sposa con il sapore intenso dell’impasto al cacao al 70%. 

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